mercoledì 10 marzo 2010

Infant observation

La ricerca attuale sullo sviluppo infantile si fa forza della convergenza tra gli studi sui processi cognitivisti con quelli di neurofisiologici, neurobiologici da un lato e con la genetica e l’evoluzionismo neodarwiniano.
In particolare si analizzerà:
1) la specializzazione interattiva e la codifica multipla (cfr. cap. 7, Macchi Cassia, Valenza, Simion 2004)
Grazie al modello dell’epigenesi probabilistica neocostruttivista, un mix tra innatismo e apprendimento, si è affermata una posizione intermedia tra costruttivismo piagetiano e cognitivismo. La mente non è considerata del tutto malleabile come una tabula rasa, ma a partire da specifiche genetiche generali vincolanti, può evolvere in una serie di domini-specifici funzionali grazie alla specifica interazione ambientale, garantendo così una elevata adattabilità. Sono state parzialmente rivalutate anche le teorie dell’apprendimento comportamentista, il condizionamento classico e quello operante, reinterpretati però secondo le specifiche del sistema autonomo complesso che garantisce un più elevato grado di libertà senza mortificare i procedimenti di apprendimento alti teorizzati in particolare dalla gestalt e dal cognitivismo.
Ritornando allo sviluppo cronologico delle funzioni cognitive, esistono varie teorie secondo cui le modificazioni computazionali del cervello sono dovute:
1. a un cambiamento strutturale, cioè a una maturazione neuroanatomica dello stesso. Per esempio con lo sviluppo di aree funzionali più o meno nuove (vedi ad esempio la genesi della corteccia frontale)
2. al contributo di aree specifiche presenti fin dalla nascita, come la corteccia prefrontale, l’ippocampo o l’amigdala, che svolgono un ruolo di tutoraggio o di supporto per le aree non ancora specializzate così da facilitare l’esecuzione del compito, la memorizzazione e successivamente la sua specializzazione in aree localizzate sempre più ristrette
3. un nuovo compito presuppone l’attivazione simultanea e l'integrazione di varie mappe neurali distribuite già presenti, in modo da rendere possibile un agevole svolgimento del nuovo compito e della sua memorizzazione. Con l’apprendimento del compito le aree attivate saranno sempre più ristrette e specifiche
I punti 2 e 3 presuppongono il concetto di funzionamento parziale delle mappe neurali in modo che queste siano coinvolte e cooperanti in più compiti e in modo vicario, almeno se ci si vuole appoggiare all'ipotesi delle mappe degenerate di Edelman. Quesra presuppone lo sviluppo come dipendente da funzioni dominio-generali biologiche da cui successivamente, grazie alla specializzazione interattiva con l’ambiente, dipenderanno successivamente l’emergenza di domini-specifici. L’esistenza di aree specializzate funzionalmente peculiari non abbisogna necessariamente di un modello epigenetico deterministico come quello modulare, in quanto è sufficiente ipotizzare l’esistenza di vincoli e di predisposizioni genetico-generali a più livelli:
a. architettonico neurale: “legge di Hebb”
b. spaziale-temporale: proliferazione iniziale o selezione nello sviluppo, potatura e aumento interconnessioni, periodo sensibile per l’apprendimento, binding problem dovuto al rientro cioè all’interconnessione rientrante dei moduli cosi da favorire la sincronizzazione delle aree attivate.
Grazie a questi vincoli generali, lo sviluppo non sarà una semplice maturazione ma una crescita sostanziale dipendente dal contesto, in cui a partire da un grado massimo di libertà corrispondente alla totalità delle possibilità silenti, cioè non ancora attivate, si passa alla selezione delle sole componenti richieste, attraverso un processo di specificazione sempre più dominio-specifico, cioè peculiare. Cioè il sistema diventa sempre più vincolato e specificato, pur mantenendo pur sempre una parte di quelle prerogative plastiche che aveva fin dall’inizio.
Va aggiunto che non tutte le modificazioni avvengono allo stesso modo e con la stessa efficacia in quanto esistono dei tempi predisposti geneticamente che favoriscono l’apprendimento di nuove competenze, il cosiddetto periodo critico che in un’ottica meno deterministica diviene periodo sensibile.
Anche se in teoria lo sviluppo può inizialmente essere massimamente aperto alle influenze ambientali, rimane comunque il fatto che la natura ha operato a monte a vincolare le predisposizioni attentivo innate. Così il neonato pur nella varietà spazio-temporale si rivolgerà di preferenza a delle categorie percettive specifiche, quali ad esempio i volti, la voce dei genitori. Tali predisposizioni facilitano un certo tipo di apprendimento circoscrivendo gli input ambientali. In particolare contribuendo a rendere meno caotica e più omogenea l’esperienza. Per questo anche nel processo della modularizzazione, cioè della specializzazione funzionale e topologica dominio-specifica si può continuare a parlare di determinismo debole essendo influenzato anche dagli andamenti di sviluppo probabilistici in funzione di un certo contesto accidentale.

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