mercoledì 10 marzo 2010

Cosa si intende oggi con inconscio

1) Tipologie
Con il termine inconscio oggi si intendere un campo semantico molto più esteso rispetto a quello freudiano. Più in generale esso deve rendere conto di tutti quei processi impliciti che sfuggono alla coscienza e hanno la funzione di mantenere in equilibrio l’organismo, e in definitiva può essere associato a tutte le forme possibili di immagazzinamento dell’informazione, cioè le memorie, poste al di sotto della coscienza1. Per memoria in senso lato si può così intendere originariamente quella contenuta nel codice genomico strutturante lo sviluppo dal concepimento, ma anche quella veicolata dai sistemi vegetativi e simpatici o immunitari e ormonali, riconducibili a delle memorie procedurali, che sono responsabili di tutta una serie di comportamenti omeostatici, oppure i processi di catalogazione dell’esperienza fino alle forme più evolute di memoria estesa episodica e autobiografica. Come ben sappiamo, soltanto una piccola parte di queste memorie possono accedere alla coscienza e possono in virtù di ciò essere influenzate da scelte decisionali esplicite. Lo stesso metodo introspettivo propagandato dalla psicoanalisi ci permette di fare chiarezza sulle dinamiche delle rappresentazioni simboliche del desiderio, ma niente più, infatti ci rimane oscura la formazione subconscia del linguaggio o la strutturazione cognitiva dei modelli mentali con cui ci rappresentiamo il mondo, che possono essere svelati solo grazie a ricerche di laboratorio in cui frammentare e far emergere ciò che non affiora alla nostra coscienza. Per spiegare come ciò sia possibile dobbiamo ipotizzare rappresentazioni mentali stratificate in più livelli. Così risulta utile tracciare una linea di separazione (spaltung) tra rappresentazioni coscienti, facilmente accessibili alla memoria episodica, tra processi subcoscienti, cioè tra rappresentazioni simboliche, un tempo coscienti e poi dimenticato e/o rese implicite e automatiche, seppur, con qualche difficoltà, recuperabili nella memoria esplicita, e inconscio propriamente detto, cioè mai conosciuto e inconoscibile esplicitamente dalla coscienza, se non limitatamente attraverso l’ausilio indiretto della riflessione speculare, come possibile punto di vista vicario esterno. Cioè a uninterpretazione del tutto ipotetica, tutta da dimostrare. Con inconscio propriamente detto si fa riferimento a tutte quelle memorie procedurali implicite di natura emotiva e motivazionale. Per riassumere abbiamo:

a. L’inconscio emotivo o spaltung orizzontale pre-simbolica. Il più arcaico ma sempre dipendente da una strutturazione superiore sub-corticale soprattutto tronco-encefefalica, talamica, “limbica” etc. Rappresenta la risposta emotiva e di attivazione (arousal) tronco encefalica (amigdala, etc.) corrispondente alla cosiddetta via breve di Le Doux e generante memorie procedurali somato-comportamentali che non abbisognano di alcun tipo di immagini mentale ma solo di configurazioni, mappe neuronali degenerate. Solo in piccola parte questa forma di inconscio può diventare esplicita e gestibile volontariamente (vedi ad esempio la cosiddetta via lunga di Le Doux).
“Le ricerche neurologiche sulla relazione tra sistema limbico ed esperienza affettiva hanno messo in luce i complessi rapporti esistenti nei mammiferi fra l’attività del tronco encefalico, il sistema endocrino, il sistema limbico e la neo-corteccia nei vissuti e nelle espressioni delle emozioni, nell’attribuzione di valore affettivo alla memoria e ai processi di apprendimento e infine nell’organizzazione di complessi comportamenti sociali, come i comportamenti di attaccamento, le reazioni alla separazione, i comportamenti di accudimento ecc., anche se non sono ancora in grado di rendere conto delle differenze individuali e specie-specifiche” (p. 66, De Coro, Dazzi 2001).
Infatti, non basta la cognizione fatta di percezione, apprendimento, memoria e pensiero per muoversi bene nel mondo.
“Le emozioni integrano la cognizione e guidano la soluzione dei problemi posti dall’ambiente e dall’interazione con le altre persone. Esse modulano in vari modi (sospendono, limitano, o integrano) l’azione della razionalità. Così facendo rendono possibile l’azione in un mondo incerto, ambiguo, e spesso potenzialmente troppo ricco di informazioni e di conflitti per le nostre capacità cognitive limitate. Se tuttavia l’equilibrio tra i meccanismi cognitivi e quelli emotivi si sposta troppo e finisce per favorire l’azione esclusiva della forza delle emozioni, allora possiamo giungere a forme di fissazione che ci impediscono di vedere le cose dal punto di vista degli altri. A questo punto l’emozione è un ostacolo” (p. 110, Legrenzi 2002).

b. C’è poi l’inconscio freudiano propriamente detto, cioè il subcosciente o spaltung orizzontale simbolica, anch’esso profondamente influenzato dai profondi moti emotivi sopravisti.
“Esso nasconde la rappresentazione simbolica non più cosciente di passioni, desideri, magari emerse nei sogni, o nelle varie manifestazioni di autoinganno, come quando incappiamo in un lapsus verbale e diciamo qualcosa che non avremmo voluto dire. Rispetto alla separazione tradizionale tra razionalità/cognizione, da un lato e irrazionalità/emozione, dall’altro lato, Freud ha cercato di mostrare come questa distinzione non sia così netta e che la vita mentale è fluida nel senso che ci sono passaggi tra i vari strati della coscienza. Spesso il mondo delle passioni influenza la vita cosciente e le nostre azioni, in forza della spinta di motivazioni e desideri di cui non ci rendiamo conto, o meglio, non vogliamo renderci conto. […] Noi diventiamo consapevoli dell’esistenza e dell’azione dell’inconscio proprio quando questo, almeno in parte si dissolve” (pp. 95-96, Legrenzi 2002).
Più in dettaglio esso comprende: le rappresentazioni del sé, del non-sé e del sé-non-sé (i sentimenti) originate dalla coscienza estesa che possono essere richiamate nella memoria di lavoro come memorie episodiche di eventi precedentemente coscienti, immagazzinati grazie al complesso ippocampale e della corteccia frontale. Tale livello di rappresentazione presuppone l’esistenza di una coscienza estesa e di una precedente capacità immaginativa e di simbolizzazione che sembra instaurarsi dall’età di quindici, diciotto mesi2, ma che assume tutta la sua importanza solo con la definitiva maturazione della neocorteccia in particolare quella frontale e prefrontale che nell’uomo si completa tardivamente. Trasversale alla spaltung orizzontale simbolica è possibile tracciare una spaltung verticale responsabile dei DDI o disturbi dissociativi dell’identità o frantumazione dell’identità, capace di generare dei livelli di coscienza alterati normalmente funzionali e strettamente legati alle reazioni emotive. Solo se persistenti possono essere invalidanti e disadattivi, in quanto vengono precluse alla coscienza intere fette di sé non più riconosciute come proprie.

c. L’inconscio cognitivo:
“Noi ci facciamo dei modelli mentali delle informazioni su cui ragioniamo senza rendercene conto. […] La conclusione intuitiva è errata perché è il frutto di quel tipo di illusioni cognitive che P. N. Johnson-Laird ha chiamato inferenze illusorie. Ci sono molti altri tipi di illusione nel ragionamento. Tutte sono accomunate dal fatto che la nostra mente costruisce delle rappresentazioni incomplete dei problemi senza che noi ce ne rendiamo conto. Il principio generale che governa l’incompletezza dei modelli mentali è il cosiddetto principio di verità. Esso predice che noi costruiamo modelli mentali di quello che ci viene detto prendendo in considerazione solo gli stati di cose veri [cioè il modus ponens e non il tollens]. […] L’incompletezza delle rappresentazioni avviene senza che ce ne rendiamo assolutamente conto. Anzi, è persino difficile spiegare quale sia la rappresentazione corretta del problema che evita l’inferenza illusoria. È plausibile supporre che l’evoluzione della specie abbia favorito una soluzione di compromesso consistente in rappresentazioni incomplete per sfruttare al meglio le nostre limitate risorse cognitive. I ragionamenti guidati da una grammatica mentale di questo tipo, che è innata e non appresa, sono cognitivamente maneggevoli e di più facile impiego. Ma questa resta necessariamente solo un’ipotesi, per quanto plausibile. Esiste un unico apparato che possiamo chiamare inconscio cognitivo? In realtà non esiste. È una nozione da noi introdotta per raggruppare tutti i modi di funzionare della mente di cui non ci rendiamo conto. Oggi sappiamo che, dietro a questa etichetta,ci sono in realtà meccanismi specifici e diversi: la memoria iconica, l’attenzione, l’autoinganno, il ragionamento e così via. Se si è voluto raggruppare tutti questi meccanismi nel cosiddetto inconscio cognitivo o helmholtziano, lo si è fatto semplicemente per distinguerlo da un suo parente più noto al grande pubblico: l’inconscio freudiano” (pp. 92-95, Legrenzi 2002).

2) Modularità gerarchica di più livelli di coscienza
I vari livelli di inconscio che emergono ontogeneticamente in tempi differenti sussistono in parallelo influenzandosi a vicenda con una predominanza gerarchica dell’inconscio emotivo, più primitivo e grezzo nelle risposte, su quello simbolico, più evoluto e strutturato. La prevalenza del bottom-up tronco-encefalico sul top-down corticale è giustificabile con le medesime motivazioni argomentabili viste precedentemente e ben sintetizzate da Le Doux 2004. Se vengono meno le normali possibilità difensive come la fuga o l’attacco, si instaurano sistemi difensivi adattivi più radicali, fortemente influenzati dalla componente emotiva più arcaica, che, se protratti nel tempo, potranno diventare disadattivi e patologici. Ad esempio la normale reazione nevrotica fobico-contro-fobica, innestata da una aggressione esterna o interna, supposta o reale che sia, è causa normalmente di una lieve distorsione valoriale e cognitiva dell’informazione (censura, rimozione e resistenza). In caso di aggressione estrema e prolungata, se tali difese nevrotiche risulteranno inefficaci, favoriranno l’instaurarsi di risposte difensive capaci di alterare ben più profondamente le informazioni unimodali entero-esterocettive T-C, C-T, C-C3, sempre per la suddetta aumentata influenza del filtro emotivo verso tutti i livelli encefalici. Cioè, l’urgenza di risposte adeguate conseguenti all’aggressione saranno influenzate dalla nuova ridescrizione e rirappresentazione della realtà, arrivando al limite al costo di tagliare la coscienza esplicita o di frantumare la precaria identità nella scelta dei comportamenti adeguati da perseguire. In situazioni prolungate di stress si potrà così arrivare a risposte via via ingravidescenti depressive, psicotiche e dissociative fino al ritiro autistico. Queste modalità estreme di difesa saranno tanto più perseguite quanto meno si sarà impiantato un sé capace di opporsi alla dissociazione (spaltung verticale) e di contenere l’angoscia associata. La formazione di una identità stabile, coerente è la conseguenza di un insieme di predisposizioni caratteriali genetiche che comportamentali apprese culturalmente. Deficienze genetiche come forse è ipotizzato nell’autismo, esperienze precoci traumatizzanti o caregivers frustranti possono invalidare il normale processo di identificazione precoce. In questo secondo caso una delle possibili conseguenze delle reazioni emotive sub-corticali, coscienti e incoscienti può essere il rilascio di sostanze in circolo o direttamente sui siti corticali capaci di modificare, alterandole, sia l’attenzione che le capacità di valutazione e di decisione top-down fino ad arrivare, nei casi più gravi, a distorsioni percettive e alla destrutturazione della memoria episodica. In situazioni di stress prolungato, e ciò vale anche per l’adulto, può essere irrimediabilmente compromesso il normale funzionamento dell’ippocampo, della corteccia pre-frontale e orbito-frontale, che possono andare incontro a degenerazione più o meno irreversibile.
Riguardo la relazione tra emozione e cognizione è interessante il confronto con la sintesi proposta da Dazzi e De Caro:
“diverse ricerche negli ultimi decenni hanno messo in luce:
a) la necessità di un’interconnessione tra fattori genetici e stressors ambientali (eventi traumatici, condizioni di vita ecc.) perché si producano disturbi psichici gravi come, per esempio, gli episodi di depressione maggiori;
b) l’importanza della emotività negativa nelle diminuita capacità di rilevazione delle informazioni sensoriali, dal momento che alti livelli di emozioni negative risultano associati a una ridotta produzione della noradrenalina, con la conseguenza di ridurre la discriminazione tra segnale e rumore di fondo nella elaborazione delle informazioni;
c) la conferma che i comportamenti disturbati sono connessi a caratteristiche del funzionamento generale, sa dal punto di vista psicologico che neurobiologico (per esempio una bassa soglia di facilitazione emotiva, connessa a una bassa attività della serotonina) che da predisposizioni genetiche;
d) l’esistenza di “finestre temporali” nel corso dello sviluppo individuale, cioè di periodi sensibili allo sviluppo e all’espressione di fattori genetici. Dove tale espressione risulta condizionata dalla presenza o assenza di determinati fattori ambientali (Gabbard 1999, Depue 1996) (p. 68, De Coro, Dazzi 2001)

note
1)“Secondo Westen, infatti, la ricerca empirica ha abbondantemente confermato l’esistenza e la rilevanza di processi cognitivi, emotivi e motivazionali inconsci, di rappresentazioni inconsce rimosse, di conoscenze che non possono essere coscienti perché la loro natura le rende difficili da verbalizzare e pensare (conoscenze implicite), e di conoscenze di cui non siamo consapevoli, in un momento dato, solo perché la coscienza ha una “capacità limitata” (confronta l’ipotesi del canale unico). Tutto ciò rende poco precisa l’ipotesi di un unico sistema etichettato con la parola inconscio (p. 54, Lingiardi, Madeddu 2002).
2)Va detto che oggi tali limiti temporali sembrano essere stati messi in discussione dalla recente infant observation
3)Il cervello tripartito: a partire dalla famosa partizione di Maclean del cervello e della scoperta del sistema limbico, oggi impiegato più per finalità euristiche, il sistema nervoso centrale può ancora essere organizzato in tre unità topologiche e funzionali separate ma nel complesso integrate in parallelo:
1. talamo corticale (vie unimodali T-C, C-T, C-C associative);
2. struttura ad anello polisinaptico dei circuiti inibitori dei gangli della base deputate al rientro e al filtro percettivo, attentivo;
3. proiezioni ascendenti diffuse multimodali dei sistemi di valore e di attivazione (arousal). Sono i sistemi motivazionali ed emozionali

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